Solo uno stupro, solo una lapidazione
Ida Dominijanni, giornalista
14 settembre 2017
Il corpo martoriato di Noemi Durini, la sedicenne lapidata – è questa la parola giusta, evidentemente presente non solo nel vocabolario del fondamentalismo islamico – dal suo ragazzo diciassettenne in provincia di Lecce, interrompe come un lampo nella notte il delirio di un’opinione pubblica che da settimane si intrattiene sugli stupri, “indigeni” e “stranieri”, come una platea voyeur davanti a un film pornografico. Ci ricorda, quel corpo, che la violenza più violenta, e sovente più definitiva, arriva sulle donne molto più frequentemente da uomini prossimi, per primi quelli che dicono di amarle, che da uomini lontani per razza, religione o cultura. Un fatto, non una fake, che sta scritto in tutte le statistiche, nonché nell’esperienza quotidiana di centinaia di centri antiviolenza sparsi per il paese. Ma si sa che i numeri, nonché l’esperienza, nulla possono sulle psicosi. E dunque il femminicidio di Lecce non placa il delirio dei giornali e degli onniscienti ospiti dei talk che con un occhio piangono sul cadavere di Noemi e con l’altro ridono soddisfatti perché l’archiviazione dello ius soli ci preserverà dall’invasione di interi popoli di stupratori.
I conti, del resto, sullo stupro e sul femminicidio non tornano mai.